Avv. Gennaro Famiglietti – Ambasciatore del Meridione 2018
L’avvocato Gennaro Famiglietti è titolare di uno dei maggiori studi legali italiani, con sedi in Italia e all’estero, Console onorario della Bulgaria, coordinatore della Federazione nazionale dei consoli e commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica. Dal 1995 è fondatore, presidente e finanziatore esclusivo, dell’Istituto di Cultura meridionale, sito a Napoli. In più di venti anni di attività l’Istituto è diventato un luogo autorevole di incontro e confronto privilegiato, che ha ospitato eventi di ogni tipo, dall’economia all’arte, dall’editoria al cinema, alla musica e alla moda, nel segno e nell’affermazione della legalità e del benessere comune.






Avvocato Famiglietti la prima domanda è legata all’Istituto che lei presiede, che fornisce promozione di cultura del Mezzogiorno d’Italia. E’ ovvio che promozione di cultura, ed altro, deve avere necessariamente un ritorno in termini di crescita anche in termini di economia di mercato. Come sarà possibile, o come dovrebbe essere, in un territorio che è, in termini di crescita economica, statico ed in decrescita? Economicamente potremmo definirlo, nel migliore dei casi, a ‘crescita zero’.
Quando vent’anni fa decisi di fondare l’Istituto di Cultura Meridionale, immaginavo un luogo che fosse laboratorio di idee ed incontro di riflessioni capace di ospitare i maggiori esponenti dell’intellighenzia Ciò che mi rende orgoglioso è l’aver perseguito l’aspirazione di renderlo un posto scevro da qualsiasi appartenenza politica e partitica in quanto sono convinto che la cultura, nella sua incontaminata manifestazione, fornisca agli uomini gli strumenti per essere liberi.
Posso dire con fierezza che sono riuscito a mettere a disposizione dei miei concittadini un luogo che, oggi lungi dall’avere solo un’identità territoriale, negli anni è diventato uno sprone ed una vetrina per gli innumerevoli talenti, artisti, professionisti ed intellettuali che popolano il Mezzogiorno e che altrove non avrebbero avuto patria.
E’ in quest’ottica che ho promosso ed ospitato il recente evento #culturainartemoda ed è proprio sull’esempio di quell’iniziativa che rispondo alla sua domanda. L’evento ha rappresentato, infatti, una sintesi perfetta di come l’arte, nelle sue diverse declinazioni, pittoriche e sartoriali nel caso di specie, possa costituire l’occasione irrinunciabile su cui innestare un circolo virtuoso, economico e culturale insieme. L’inconfondibile arte di Silvana Galeone si è fatta alta moda e la moda è diventata cultura.

E dunque, solo rispondendo adeguatamente alla domanda di cultura da parte degli italiani, che è reale e non marginale, potremo finalmente uscire da questo stallo di crescita economica. Il pregio della cultura sta nel suo doppio valore, misurabile non solo in termini di rendimento economico / monetario ma anche, e soprattutto, in termini di rendimento sociale sul lungo periodo, perché essa dura oltre il momento specifico della fruizione culturale e getta le basi per la costruzione di altro.
E’ ovvio che il superamento della crisi economica non può essere demandato al singolo privato cittadino. Il nostro Paese ha un patrimonio artistico incredibile: 5mila tra musei, monumenti e aree archeologiche, con 49 siti Unesco che attirano turisti per 10 miliardi di euro l’anno. Ma il paradosso è che le risorse per conservare questi siti vengono disperse o, peggio, dimezzate; lo stesso dicasi per l’istruzione. Lo Stato deve necessariamente assumere su di sé il dovere (anche morale) di gestire nel migliore dei modi questo tesoro unico al mondo, perché rappresenta la nostra storia ma anche il nostro futuro.
Quando parliamo di ‘significativa attenzione ai temi del cattolicesimo’, cosa si vuole dire in termini pratici?
A Benedetto Croce si deve forse una delle risposte più emblematiche del ‘900. ‘Non possiamo non dirci cristiani’ infatti è il nome del suo saggio risalente ormai al 1942. Al netto di tutte le polemiche sui rapporti tra la Chiesa e lo Stato ed annesse disquisizioni sulla laicità dello stesso, è innegabile che il cristianesimo sia stato il fondamento del pensiero e della civiltà moderna occidentale a partire dalla potente immagine di Gesù. E’ necessario preservare questo nucleo pulsante di valori su cui si fonda la nostra storia e la storia dell’umanità, facendo in modo che ai media cattolici venga garantita una voce e che il mondo cattolico abbia i propri rappresentanti nelle istituzioni affinché sia sempre possibile uno spazio di confronto su temi che investono la vita di tutti noi. Il cattolicesimo veicola un messaggio universale di tolleranza e fratellanza che parla a tutti gli uomini fino alle più estreme periferie del mondo ed è fondamentale che, in un momento di grave pericolo per la pace tra i popoli, gli venga data con urgenza la risonanza che merita.

Avvocato Famiglietti lei è stato a Napoli, per la Dc, presidente della circoscrizione Vomero da giovanissimo. Parliamo, è ovvio, della Prima Repubblica. Quando parliamo di seconda, o di terza repubblica, è chiaro che è parliamo della scomparsa una scuola di formazione politica che apparteneva alla Dc, al Psi, al Pci, al Partito Repubblicano, ed in forma minore al Msi, al Pli ed altri. Oggi scuole di formazione politica non esistono, non esistono in Fi, non esistono nel Pd, non esistono ancor di più in Cinque Stelle ed altri. Parlano di essere ‘moderati’ in Fi senza cogliere il significato pieno del termine, il Pd ha cambiato il volto del Pci, i cittadini sono stanchi, non li seguono e si parla di populismo. Su tale stato di fatto qual è il suo commento?

Il problema della politica attuale è che il popolo italiano si sente deluso e tradito. Negli ultimi anni, alla scuola partitica, alla gavetta nelle sezioni di partito, si è preferita la logica dell’appartenenza o della fedeltà al capo di turno, dunque per troppo tempo, nella selezione della classe dirigente non è stato premiato il merito o la capacità. Questo ha fatto sì che prendesse piede la strisciante e pericolosa convinzione che chiunque potesse fare politica, anche chi non si è mai appassionato ad essa. Il deficit di elaborazione, non solo in termini ideologici ma anche di capacità di proporre soluzioni o visioni, è il prezzo che paghiamo. E’ chiaro che bisogna guardare al futuro e superare le tradizionali logiche partitiche, i muri sono crollati da tempo e certe contrapposizioni risultano anacronistiche. Il riavvicinamento del popolo alla politica e della politica alle istituzioni passa necessariamente dalla consapevolezza che fare politica vuol dire servire il Paese e che l’indifferenza si combatte con la competenza e non con il populismo. Il popolo deve pretendere che chi siede nelle istituzioni sia un rappresentante degno ed esemplare ma solo un popolo istruito e civile può eleggere una classe dirigente virtuosa.
Con l’attuale, o la prossima, legge elettorale ci avviciniamo ad una stagione di ingovernabilità perché nessuno raggiungerà la soglia del 40% necessaria per governare in solitario, come unico partito guida. Dove potrebbe essere una soluzione accettabile che azzeri le lotte politiche tra le formazioni?
Attorno alla questione sulla legge elettorale non possono pretendersi risposte certe. Da sempre si fronteggiano due grandi priorità: la rappresentatività democratica e la stabilità politica, la cosiddetta governabilità. Ogni contesto storico presenta le sue criticità in cui appare legittimo sacrificare una piuttosto che l’altra esigenza, la ricetta perfetta non esiste. Sono convinto però che sia fondamentale superare le liste bloccate e ritornare ai collegi uninominali. Questo è necessario per il discorso che facevamo pocanzi. Ossia riavvicinare il cittadino alla politica, responsabilizzare colui che viene eletto il quale potrà farsi portavoce delle istanze di un territorio di cui conosce limiti e potenzialità ed allo stesso tempo ‘rispondere’ delle proprie mancanze dinnanzi a coloro i quali gli hanno dato fiducia e che magari dovranno rinnovargliela se ad esso verrà riconosciuta una buona azione ed un buon impegno politico.
Lei è attentissimo nel valorizzare le energie emergenti, in termini di arte, di cultura e di moda, come dimostrato dalle ultime iniziative dell’Istituto. Cosa ha in programma a breve?
L’ultimo evento che ha riscosso molto successo ha posto al centro dell’attenzione la figura della donna che, al pari della cultura, considero un prezioso veicolo di quella Bellezza che salverà il mondo dalle sue brutture. Di recente, nelle sale dell’Istituto di Cultura Meridionale, ho ospitato due importanti convegni organizzati con il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, uno dei questi molto attuale sui rapporti economici e politici tra la Russia e la Germania e che ha visto la presenza di giornalisti provenienti anche dal Nord Italia e dall’estero. Mi piace dare spazio a coloro che hanno progetti, aspirazioni e visioni da raccontare, anche lontane dai miei interessi, ma che credo possano contribuire al progresso della società napoletana ed a far fiorire le risorse di questo territorio ricco di meraviglie. Il prossimo evento in programma sarà la presentazione del volume dell’ambasciatore Ludovico Ortona, dal titolo ‘La svolta di Francesco Cossiga. Diario del settennato (1985 – 1992)’. E’ un incontro a cui tengo particolarmente per il rapporto di stima ed amicizia che mi legava al Presidente Cossiga che ho avuto il piacere di ospitare in occasione di alcuni eventi realizzati dall’Istituto di Cultura Meridionale già nei primi anni dell’oramai intensa e prestigiosa attività dell’Istituto.
Lei è console onorario della Bulgaria ed ha avvicinato, in una sua dichiarazione, il popolo napoletano al popolo bulgaro. Perché?
Il popolo napoletano è, come la città che lo ospita, insondabile e radioso, allegro e combattivo. Napoli ha conservato nel corso del tempo la incredibile capacità di accogliere, assimilare culture diverse ma restare profondamente fedele a se stessa. Questo attaccamento alla vita l’ho ritrovato nei miei numerosi viaggi in Bulgaria.
Lei ha ospitato all’Istituto personalità politiche di primissimo livello, a partire dai presidenti della Repubblica Francesco Cossiga, Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi. Messaggeri di fede come il cardinale Crescenzio Sepe e i monsignori Lorenzo Leuzzi, vescovo ausiliare di Roma e cappellano della Camera dei Deputati, giuristi come Francesco Paolo Casavola e, senza citarne altri, Lech Wałęsa. Scartando l’ipotesi di ospitate di passerella quale era il fine ultimo di questi incontri?
Lo spirito con cui ho deciso di ospitare personaggi di tale levatura istituzionale e morale è dovuto principalmente ad un desiderio umano di condividere con la città di Napoli l’emozione di conoscere personaggi così importanti. In secondo luogo, ho organizzato questi incontri in virtù delle cariche che ricopro, non solo in qualità di Console della Bulgaria ma anche come Coordinatore Nazionale della Federazione Nazionale Consoli, in quanto ritengo che un lavoro di sinergia tra istituzioni, figure apicali e illustri studiosi sia fondamentale per condividere un percorso di comuni intenti volto alla promozione della pace tra i popoli. In particolare, ricordo con commosso orgoglio la premiazione dell’Ex Presidente e Premio Nobel per la Pace, Lech Walesa, che, come saprete, con il suo infaticabile attivismo ha contribuito alla caduta del Muro di Berlino ed a cui ho conferito il premio internazionale ‘People for Culture and Peace 2015’.
Un ultima domanda: pensa ancora di cimentarsi nell’agone politico? Magari come parlamentare?
No, è una prospettiva che ho escluso tempo fa ed a cui ho rinunciato con serenità. La politica resta una delle mie passioni più vive ed a cui ancora oggi mi dedico da una prospettiva privilegiata, che è quella di Console, appunto, perché mi permette di avere una visione d’insieme, europea e mondiale. Tuttavia, è un interesse che mi piace coltivare da solo o condividere con alcuni stimati amici. Lungi da me l’idea di vivere di politica o di tentare la via della politica quale strumento di notorietà e ricchezza, elementi che purtroppo caratterizzano in larga parte i politici dei nostri tempi.